Putin e il mondo alla rovescia

Viviamo giorni terribili: non solo per quanto riguarda la distruzione economica degli italiani, delle loro famiglie e della loro produttività; non solo per quanto riguarda il disastro di ciò che rimane della fallimentare Repubblica Italiana fondata sulla mancanza di lavoro, sulla partitocrazia e sulla corruzione; quanto anzitutto dal punto di vista morale, della morale collettiva nazionale e internazionale.

Non può più sfuggire a nessuno ormai il fatto che da anni – ma negli ultimi mesi con un crescendo impressionante – sta progressivamente imponendosi, anche negli ambienti dove meno questo dovrebbe accadere, una cultura “gay-friendly” per usare un eufemismo ormai fuori luogo, in quanto trattasi di vero e proprio totalitarismo omosessualista. Ovunque, in ogni parte dell’Occidente, ormai, il salto di qualità è devastante: i giorni in cui ci scandalizzavamo del “gay-pride” sono lontani: oggi gli omosessualisti hanno raggiunto ben altri obbiettivi, con i loro “innocui” gay-pride, “giustificati” anche in ambienti cattolici e di destra come ragazzate pittoresche, con le quali intanto hanno ottenuto quasi ovunque i “diritti civili” del “matrimonio” con relativo affidamento di bambini. Non basta: chi protesta è picchiato dalla polizia o perseguito legalmente all’estero, e anche in Italia come sappiamo il progetto è quello della persecuzione legale istituzionalizzata.

Finché c'è ancora tempo

Che cosa possiamo fare, fratelli, se non cambiare vita, finché c'è tempo, e correggere le nostre azioni se fossero cattive? Questo affinché ciò che senza alcun dubbio si avvererà per i peccatori, non ci trovi in mezzo a coloro a cui toccherà: non perché non ci saremo, ma perché non ci troverà come coloro per i quali è stato predetto che si avvererà. 
Perciò il giudice minaccia di venire, per non trovare chi debba punire quando verrà. Così i profeti: cantano tali cose, per farci correggere. Se Dio volesse condannarci, tacerebbe. Nessuno che voglia colpire dice: "Sta' attento!". Tutto ciò che abbiamo ascoltato, fratelli, tramite le Scritture, è la voce di Dio che dice: "Sta' attento!".
E tutto ciò che soffriamo, le tribolazioni di questa vita, è castigo di Dio che vuol correggerci, per non condannarci alla fine. Sono aspre, penose, spaventano a raccontarle, le molto gravi sofferenze che ciascuno deve sopportare in questa vita; paragonate però al fuoco eterno sono non dico piccole, ma nulle.

Solovev: un profeta inascoltato


Vladimir Sergeevic Solovev è morto il 31 luglio (13 agosto, secondo il nostro calendario gregoriano) dell’anno 1900.
E’ morto sul limitare del secolo XX: un secolo del quale egli, con singolare acutezza, aveva preannunciato le vicissitudini e i guai; un secolo che avrebbe però tragicamente contraddetto nei fatti e nelle ideologie dominanti i suoi più rilevanti e più originali insegnamenti. E’ stato dunque, il suo, un magistero profetico e al tempo stesso un magistero largamente inascoltato.
Al tempo del grande filosofo russo, la mentalità più diffusa prevedeva per l’umanità del secolo che stava per cominciare un avvenire sereno: sotto la guida e l’ispirazione della nuova religione del progresso e della solidarietà senza motivazioni trascendenti, i popoli avrebbero conosciuto un’epoca di prosperità, di pace, di giustizia, di sicurezza. Nel ballo Excelsior - una coreografia che negli ultimi anni del secolo XIX aveva avuto uno straordinario successo (e avrebbe poi dato il nome a una serie innumerevoli di teatri, di alberghi, di cinema) - questa nuova religione aveva trovato quasi una sua liturgia.
Solovev invece non si lascia incantare da quel candore laicistico e anzi preannunzia con preveggente lucidità tutti i malanni che poi si sono avverati.

La deriva della società e le sue conseguenze

Due rischi prevedibili e forse inevitabili. Un primo: passare per un profeta di sventura che annota soltanto gli aspetti negativi della situazione culturale e civile del paese in cui si vive, mentre il cliché usuale - quasi imposto - degli interventi anche ecclesiali è spesso quello delle ombre e luci, della decadenza con spunti di rinnovamento, del declino con annunci di alba di un mondo nuovo eccetera; quand´anche non si inforcano gli occhiali rosa per rimirare tutto puro e perfetto al punto che ci si domanda che cosa rimanga ancora da fare oltre il contemplare e il compiacersi. E si scambia la speranza con l´ottimismo che è emotività, umore, e non virtù cristiana come la speranza. Tanto vale dire le cose come si vedono e chiedere al Signore di delinearci le responsabilità a cui siamo chiamati, e di soccorrerci perché le attuiamo. Questo è il secondo rischio: di passare per illusi che pretendano si governi con i paternoster, per dirla con Machiavelli.

Può essere liberalizzata la coscienza?

La coscienza è uno strumento della persona umana. Certo, la persona umana è grande. Alla dimensione terrena si è aggiunta la dimensione della grazia e della destinazione alla «gloria» coll’ordine soprannaturale. Nel Credo si dice: «propter nos homines et propter nostram salutem descendit de coelis». La persona ha la autonomia, la libertà. Di grave c’è che alla «persona» ed alla sua libertà vanno sempre unite, per una ragione ontologica inevitabile, due altri concetti: la legge e la sanzione. La persona è libera, ma è moralmente astretta sempre alla osservanza della legge e, se non l’osserva, va soggetta alla sanzione. Sicché la persona è grande, ma è sotto il dominio di Dio che l’ha creata; e se, male usando della sua libertà, offende la legge di Dio o qualunque legge innervata in un modo o nell’altro dalla legge divina, deve aspettarsi la sanzione. È più piccola di Dio, è creata da Dio e, pertanto, né è infinita né può impunemente sottrarsi alla Sua volontà.

Pensare bene e agire bene

Sia lodato Gesù Cristo! Come al principio del tempo pasquale la liturgia della V Domenica dopo Pasqua è di festa e di gioia: la Chiesa non si stanca di celebrare il giubilo della resurrezione del Signore, le grazie della redenzione che sono state riversate nei nostri cuori e che fecondano la nostra vita. Ma la debolezza che il peccato originale ha impresso alla natura umana, tuttavia, inclina a svicolare da ciò che di meglio siamo e abbiamo, a lasciare la via della Grazia per tornare a quella della lontananza, della latitanza e della deresponsabilizzazione. Perciò, nella Colletta abbiamo invocato la Grazia divina dispensatrice di ogni bene, giacché i nostri pensieri e le nostre azioni per essere buoni devono venire da Dio. Abbiamo chiesto due grazie: quella di pensare bene e quella di agire bene, di pensare rettamente e di conformare la nostra condotta all’ideale indicato. Il duplice invito allo sforzo personale e alla preghiera stabilisce in noi l’equilibrio dell’ascesi cristiana.